L’esito della tornata elettorale del 20-21 settembre rafforza, e non di poco, il Governo Conte. Sia la consultazione referendaria che quella relativa alle elezioni regionali registra, infatti, risultati in parte inattesi.
Se è pur vero che, almeno per quanto riguarda il referendum, la connotazione partitica non era molto netta, è altrettanto vero che non esiste un referendum che non venga, almeno in certa misura, politicizzato.
Il 70% degli elettori si è espresso per il SI alla riduzione del numero dei parlamentari: una percentuale molto elevata, che racchiude la quasi totalità degli elettori del Movimento 5 Stelle, la maggioranza di quelli targati Lega e Fdi e buona parte dell’elettorato del Pd.
Proprio nel nostro partito c’è stato il dibattito più approfondito: la linea ufficiale scelta dal segretario Zingaretti a favore del SI non è stata seguita da un rilevante numero di dirigenti ed elettori, che hanno optato per il NO. Una spaccatura? Nient’affatto: un segnale di vitalità e di democrazia interna, visto che in gioco c’era una modifica della Costituzione.
Contestualmente al referendum si sono tenute anche le elezioni per il rinnovo di 7 giunte e consigli regionali, tra cui “pesi massimi” come la Toscana e il Veneto.
Il risultato è stato positivo e fotografa una situazione molto diversa da quella paventata dai sondaggi delle settimane precedenti: il PD ha tenuto e ha confermato i propri governatori alla guida di 3 regioni (Toscana, Campania e Puglia) mentre le altre 3 sono andate al centrodestra. A cambiare colore sono state solo le Marche ma con una forbice meno ampia del previsto.
Il tutto in uno scenario, occorre ribadirlo, che non ha brillato per unità: delle 7 regioni al voto nessuna ha visto la maggioranza che governa a livello nazionale andare unita, ma a prevalere sono state logiche di divisione e di personalismo, nonostante il PD abbia più volte predicato senso di responsabilità.
Nonostante tutto, comunque, l’esito è buono e, in combinato con il referendum, contribuisce a stabilizzare il Governo, che ora ha davanti a sé la vera sfida dei prossimi anni: utilizzare in maniera intelligente ed efficace l’enorme quantità di miliardi che arriveranno dal Recovery Fund.